Una volta nacqui demone
Mi svegliavo tra le fiamme
E nella tenebra ridevo
Gettando maledizioni al cielo
Che non avevo mai visto
E bruciavo i miei giorni
Nella noia, come se non potessero finire
Mai
Poi divenni cristallo
E non ebbi più tratti
Solo confini
Per impazzire ed urlare
E fracassare il mio spirito
Per non sentire
Poi venne il vento
E disperse ogni parte di me
E mi assordava
Gridando mille cose
Che mille io
Sentivano contemporaneamente
Tracce di saggezza
Che se avessi raccolto
Avrei seguito fin dove il sole tramonta
Poi venne il mare
Che gridava più forte del vento
E imparai la poesia
Della lotta eterna contro lo scoglio e la sabbia
E che il volo dei gabbiani
Scrive parole di schiuma sulla superficie
E che sotto ogni superficie ci sono abissi
E c’è il freddo, e ombre senza nome
Caduti i confini,
le mille parti di me non si sono più riunite
non c’è libertà, solo incompletezza
e nell’incompletezza un altro confine
non è stato creato e per questo non si può spezzare
c’è solo l’attesa
dopo demoni e grida
dolore e immensa stanchezza
è il dono che rimane
dopo che fui demone, e vento, e mare
divenni attesa
in questo mi ricoprii di pietra
e l’edera del ricordo mi ricoprì
e siedo e piango
sul confine dell’alba
per leggere sulla fronte del sole
se questo giorno mi libererà
se questo oggi sarà nei miei ricordi
diverso da tutti gli altri oggi
di cui ho atteso la morte